Riflessioni sull’amore e sulla vita: la schiena, metafora di altro

La schiena come metafora d'altro.

La schiena è la parte che non puoi vederti, quella che lasci agli altri. Sulla schiena pesano i pensieri, le spalle che hai voltato quando hai deciso di andartene.
Margaret Mazzantini

La schiena rappresenta la zona di vulnerabilità dell’anima, ma non del corpo

È come la tela di un pittore, luogo simbolico dove dipingere la fiducia, il piacere, il dolore.
Sulla schiena abitano i brividi, i sogni, la leggerezza e il peso della vita.
È l’autostrada percorsa dai brividi che proviamo per amore o per paura.
Si inarca per piacere e per dolore. Viene contenuta dalle mani sensuali e forti di chi amiamo.
Viene circumnavigata, insieme alla nostra anima.
È una bussola, ci orienta, ci fa sentire quello che la coscienza, spesso, decide di non vedere, né sentire.

Dormire “schiena a schiena” con chi amiamo, è la posizione che incarna la fiducia, l’abbandono all’altro.

La nudità. Dell’anima. L’esserci, anche nel buio dell’inconscio.
L’esserci, comunque, ovunque.
Anche mentre si combatte con i mostri che abitano la nostra attività onirica.
Dormire “schiena a schiena”, dove ognuno abita il proprio inconscio, significa fidarsi, affidarsi. Stare con l’altro e con se stessi, senza sentirsi invasi.
È la parte del corpo che diventa dolente dopo una giornata di fatiche del corpo o dell’anima.
Spesso fa male sine causa. Ci obbliga a riflettere, a rallentare, a fermarci.
A capire, a capirci.

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La schiena è la spina dorsale che ci regge in piedi quando siamo “doppie”

Quando, miracolosamente, una vita abita in noi.
È la parte che mettiamo a riposare dopo aver portato in giro per il mondo noi stessi ed il nostro bambino a bordo. È la parte del corpo che, intimamente ed affettuosamente, l’uomo che amiamo ci massaggia la sera dopo un giorno di fatiche del vivere.
Come per dire: “Ci sono”.
Ma la schiena è anche sede di altro.
Di dolori simbolici, cocenti, strazianti.

Dovere o piacere? Mal di schiena: dolore simbolico?

Nel tempo il mestiere del vivere corrode tutto: emozioni, azioni, relazioni, a cominciare dalle ragioni per le quali si era deciso di essere qua o altrove, si smette di pensarci, semplicemente, e si va avanti per inerzia.
Ma, a un certo punto, sfortunatamente o per fortuna, duole, grida per essere ascoltata.
Quindi, ci si ferma a riflettere. Si cambia traiettoria. Si svolta.
Si gira la boa di galleggiamento. Decidiamo di mettere un po di piacere in quella convivenza forzata tra anima e corpo che, l’abitudine e le fatiche del quotidiano, hanno ridotto a “luogo del dovere”. Così dall’immobilismo siamo obbligati a metterci in cammino verso noi stessi.

La schiena è la parte del nostro corpo dove sentiamo il pugno alla stomaco della vita, le ripercussioni delle sofferenze.

È il luogo simbolico dove ricevi le coltellate del tradimento quando non te le aspetti.
Quando sei di spalle alla vita. Quando decidi di fidarti. Ci regge in piedi.
Ci fa piegare alle intemperie della vita, ma non ci consente di spezzarci.
Ma la schiena è, spesso, l’ultima e non idealizzata immagine che lasciamo di noi.
Quella che, gradualmente, sfuma all’orizzonte fino a perdersi nel rimpianto o nel sollievo.
Più raramente nel rimorso.
Ma la schiena può essere anche rifiuto.
Il brivido della voglia di fuga quando colui al quale avevamo concesso le labbra diviene il nostro maggior rammarico.
È comunque la parte più sensuale che una donna può concedere al suo uomo.

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