Per i genitori: mangiate con i vostri figli. I pasti proteggono dalle derive della crescita

Per i genitori: mangiate con i vostri figli. I pasti proteggono dalle derive della crescita

Corriamo tutti. Strattonati tra una cosa da fare a un’altra. Prediamo un figlio e ne lasciamo un altro. Seguono: la danza, l’inglese, la spesa, il rientro a scuola, il nonno da accudire, le infinite incombenze a cui pensare. La corsa prende il posto di tutto, anche dei pasti.

Dimmi come mangi e ti dirò chi sei

I pasti in famiglia sono una vera risorsa relazionale per l’intera famiglia. Proteggono gli adolescenti da possibili disturbi del comportamento oro-alimentare e dal bullismo.
Vi chiedete cosa c’entri il bullismo con la cotoletta? Apparentemente niente, ma correla con le emozioni e i suoi misteri.
I pasti in famiglia caratterizzati da un tempo di qualità condiviso diventano chimerici e lasciano il posto a momenti frugali e scarsamente conviviali. Anche il pasto della domenica è diventato altro rispetto al suo progetto iniziale di famiglia unita.

Famiglie di oggi, tempi di sempre

Le famiglie di oggi, spesso a doppia carriera, non hanno il tempo per sedersi tutti insieme attorno al tavolo della cucina e dialogare tra loro durante i pasti principali perché rapiti dalla corsa contro il tempo.
Chi rincasa prima, chi dopo. Chi è a dieta. Chi è vegetariano. Chi mangia in piedi mentre accudisce un figlio e ne insegue un altro.
Il rituale del pasto familiare sembra essere un lontano ricordo di cui quasi nessuno sente più la mancanza.

Il pasto, un momento risorsa. Cibo e simbolismo: l’importanza dei pasti condivisi

I pasti sono quel luogo simbolico di circolarità delle emozioni, veicolo privilegiato di preziose informazioni e rappresentano un momento risorsa per genitori e figli.
Luogo spazio-temporale da non sottovalutare e non smarrire.
In tutte le culture il cibo non rappresenta soltanto un nutrimento per la sopravvivenza, ricopre invece più significati simbolici: affettivi, sociali e culturali, nutre corpo e psiche; è segno di appartenenza a quella determinata cultura o tradizione culturale o familiare e così via.
Il latte, per esempio, è il primo nutrimento del bambino, la prima forma di conoscenza del mondo circostante rappresentata dalla madre. Questo ci da la misura di come il cibo rappresenti molto altro rispetto al semplice nutrimento.
Il bambino prova il suo primo sollievo dalle sue prime frustrazioni da fame grazie alla poppata, al seno materno che rappresenta la fame placata ma che si collega e lega intimamente al sentimento di benessere, protezione e di sicurezza.
Il piccolo asseconda il desiderio di essere nutrito, amato e aiutato, e lenisce la paura inconscia di morire di fame, di incuria e di solitudine.
Oltre a questi valori simbolici, i cibi possono acquisire per ognuno di noi un valore unico e personale, legato alla nostra storia di vita, alla nostra memoria corpore di cura o non cura ricevuta.

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Il simbolismo alimentare. Psicologia e alimentazione

Il rapporto tra psicologia e alimentazione trova riscontro negli studi sulla prima infanzia e sull’adolescenza. Il simbolismo alimentare è determinato da abitudini familiari e collettive (sane o disfunzionali), da tradizioni contadine, regionali o nazionali e da retaggi culturali e religiosi. I genitori insegnano vivendo, così i figli impareranno ripeteranno ciò che vedono o non vedono fare.
Io caos o l’ordine a tavola. La tavola ben imbandita, la cura, la fretta o l’incuria.
L’alto valore simbolico del cibo è presente in molte patologie del comportamento oro-alimentare come per esempio l’obesità, l’anoressia nervosa, la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata.
La bulimia, per esempio, è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da frequenti e incontrollate abbuffate, seguite poi da comportamenti compensatori quali digiuno, vomito autoindotto, eccessi di sport per velocizzare il metabolismo e l’utilizzo o abuso di lassativi e di diuretici.
La bulimia è la malattia del vuoto: un vuoto emozionale e affettivo e un pieno di cibo.
Questa alternanza tra vuoto e pieno, in realtà, è la trappola che fa si che chi ne soffre non riesce ad assaporare e soprattutto digerire nemmeno un pezzo di pane perché obbligato ad espellerlo, unitamente alle emozioni ad esso associate.
Il paziente bulimico mangia, anzi ingurgita, grandi quantità di cibo spesso di nascosto oppure di notte, mettendo insieme dolce e salato, caldo e freddo, fino a stare male davvero. La bulimia rappresenta il rifugio da una sofferenza interiore importante: il cibo con le sue infinite sfaccettature rappresenta una sorta di balsamo per un’anima sofferente, un analgesico, un vero e proprio antidolorifico.
Il paziente mangia perché non sa confrontarsi con le proprie emozioni e con i propri stati d’animo.
La bulimia è una modalità estrema per trovare una risposta immediata all’insaziabile fame d’amore.
Il cibo diventa, in chi non ha un rapporto sereno con lui, un amante, una madre amorevole, un utero caldo nel quale rifugiarsi, un ansiolitico e tantissimo altro.
Il cibo, ovviamente, non riempirà mai il vuoto interiore, né sanerà le difficoltà relazionali o amorose, ma diventerà una sorta di droga sempre a disposizione.
Droga che stordisce e dà apparente sollievo e benessere per poi danneggiare e corrodere tutto in seguito.
Dopo l’abbuffata incontrollata, il paziente bulimico vive un efferato senso di colpa figlio del fallimento del suo bisogno di controllare sé stesso, il mondo e le sue pulsioni ed emozioni; segue il bisogno di liberarsi del cibo ingerito.
Le modalità patologiche che regolamentano il rapporto con il cibo necessitano di ascolti attenti, competenti, empatici e psicoterapici.
Niente social, guru, venditori di pensatole, influencer simil clinici.
Solo clinici, loro sì che salvano la vita.
Attraverso una buona alleanza terapeutica, che riproduca simbolicamente il primo legame, si ricostruisce il valore dell’amore e si accompagna per mano il paziente sino a che sarà in grado di riconoscere le proprie emozioni e a differenziarle dal cibo, che nel tempo e grazie alla terapia diventerà solo nutrimento per il corpo e non per l’anima.
Il cibo perde il suo valore simbolico e torna ad essere solo nutrimento.
Esistono strategie preventive da attuare soprattutto in famiglia per far sì che il cibo e la sua condivisione a tavola con i genitori diventi un momento risorsa.

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Pasti in famiglia e prevenzione del bullismo

Mangiare in famiglia e sfruttare il tempo dei pasti per avere la possibilità di dialogare riduce l’impatto negativo del cyber bullismo sull’adolescente.
Consente inoltre ai genitori di dialogare con i loro figli, guardandoli negli occhi, magari senza i rispettivi cellulari, sui rischi della rete e sui rischi della condivisione di immagini private e riservate.
I ragazzi beneficiano da questo scambi e diventano meno ansiosi, più autonomi, più sicuri di loro stessi. I ragazzi che sviluppano o subiscono atti di bullismo sono coloro che non hanno condiviso normalmente la consumazione dei pasti in famiglia e sono, quindi, meno portati a concepire la famiglia come un gruppo coeso, espressione di sani principi morali e sane abitudini alimentari e relazionali.

I pasti che proteggono: a tavola, tra simbolismi e risorse

La tavola è un momento di grande rivelazione. A tavola si possono scorgere i primi possibili segni di irrequietezza, di astinenza da cellulare e da internet, segnali chiari di un monitoraggio continuo della propria immagine online, si notano inoltre gli sbalzi d’umore improvvisi, chiara spia di un disagio.
Questi e altri segnali sono solitamente figli di un disagio del bambino o adolescente.
La condivisione dei pasti diventa una vera opportunità relazionale da non sottovalutare e smarrire, da vivere con televisione e cellulari assolutamente e opportunamente spenti.

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2 Commenti. Nuovo commento

  • Leggo sempre con immenso piacere ed emozione i suoi scritti. Sono una mamma di tre ragazzi ormai grandi, due dei quali vivono ancora in casa per studi non ancora terminati. Il rituale dei pasti, sempre, anche alle volte con difficoltà, l’ho mantenuto, anzi lo abbiamo mantenuto, tutti, come momento di incontro e di condivisione. È il momento dei racconti delle nostre giornate, il momento delle esperienze, della conoscenza di noi. Gli amici dei miei figli ne sono sorpresi, sembra una rarità nelle famiglie. Chi mangia solo, chi prima, chi dopo. Noi facciamo i salti mortali come tutti durante la giornata, presi da mille impegni e orari, ma i pasti insieme sono il nostro momento sereno, il momento in cui si parla, ci si ascolta, si “svuotano le tasche” riempite durante il giorno. I miei figli amano, come noi, questi momenti e fanno di tutto per esserci, per essere presenti. A me è stato insegnato dai miei genitori, mi auguro che riusciranno a conservare questi momenti in futuro anche nelle loro famiglie.
    Grazie Dottoressa delle sue riflessioni

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