Mamme che amano troppo

È raro ereditare una madre della giusta misura, anche perché il concetto di “giusta misura” è davvero soggettivo.
Chi la vorrebbe presente, accuditiva ed empatica, chi alla giusta distanza da sé, chi il più assente possibile.
Chi avrebbe voglia di avere una guida, un faro nella nebbia dell’adolescenza, chi, invece, vorrebbe fare tutto da solo, senza intromissioni, guide o supervisioni.
Alcune madri sono delle elefantesse, invasive, onnipresenti e sostitutive dei bisogni dei figli.
Altre, invece, delle ombre evanescenti: assenti e fluttuanti, nel tempo e nello spazio.
Alcune madri sono madri di figli non propri, che amano e accudiscono oltre ogni legame biologico. Altre, anche quando mettono al mondo dei figli, non diventano mai madri. E altre ancora non li partoriscono mai, mettendo al mondo figli mai cresciuti. Essere madre è complesso e faticoso al tempo stesso, e non correla con l’aspetto meramente biologico.

Cosa significa avere un figlio

Un figlio non è soltanto colui o colei che partoriamo dopo nove mesi di gestazione, ma è colui che abita dentro di noi molto tempo prima di abitare il nostro utero.
Un figlio è colui che ci fa spostare l’ago della bilancia da noi a lui, dal mondo a lui. Da ogni altra priorità a lui. Anzi, lui diventa la priorità. Un figlio è colui che ci obbliga ad amare più lui che noi. È colui che ci fa sopravvivere a notti insonni, a pappe rifiutate, a una stanchezza cronica che sparisce come d’incanto, quando, occhi negli occhi, intercettiamo un suo sorriso per noi.
Ecco, a quel punto, il mondo si ferma e nulla ha più senso se non lui.
Un figlio è colui che ci inchioda al muro della verità, che non ci fa sconti sulla pena. È colui che ci fa riflettere, che ci obbliga all’introspezione, che ci spinge a migliorarci per lui, solo per lui.
Un figlio è colui che ci invita a cambiare i nostri peggiori difetti per potergli regalare il nostro migliore esempio.
Diventare madre o padre è un atto d’amore estremo, corredato da incertezze, ansie, paure e mille dubbi sul nostro operato da genitori.

  • Stiamo facendo bene o male?
  • Siamo troppo permissivi o restrittivi?
  • Troppo affettuosi o algidi?
  • Cos’è davvero giusto per la sua crescita?
  • Esisterà mai un bugiardino per evitare di sbagliare?

Uno, nessuno, centomila modi di essere mamma

Una madre dovrebbe preoccuparsi dei propri figli e anche evitare di farlo, fermarsi un passo indietro e farli sbagliare.
Aiutarli a cadere e rialzarsi subito dopo, insegnandogli a fare l’inventario delle forze e delle energie.
In teoria dovrebbe essere così, ma stabilire quando è opportuno preoccuparsi, e non solo occuparsi dei propri figli e, quando, invece, stare a guardare, è davvero difficile. Il duro lavoro della madre è sempre al centro dell’attenzione dei clinici e dei non clinici, nel mirino dei giornali e dei telegiornali, investigato e scandagliato da uno sguardo attento ed inquisitorio, ma, spesso, miope, di chi decide di occuparsene.
La figura materna sembra dover essere l’ago della bilancia di tutto: dai disturbi del comportamento oro-alimentare, spesso, associati ai pessimi rapporti con la madre, alla crescita precoce o tardiva, fino ad arrivare al rendimento scolastico e alla capacità d’integrazione.
Insomma, le mamme sembrano essere investite di un potere quasi soprannaturale.

  • Esiste una mamma perfetta?
  • Una adeguata?
  • Una sbagliata?
  • Una buona e una cattiva?
  • Una mamma in buon equilibrio – e per di più duraturo – tra le sue esigenze più profonde, il suo essere donna, mamma, amante e moglie?
  • Esiste un confine chiaro tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato?

Essere una buona mamma dipende da un’infinità di variabili: intra psichiche, di coppia, ambientali, emozionali, e anche da quell’amorevole modus operandi, ereditato o meno.
Si parte da lontano, dalle terre dell’infanzia.
La qualità di quel rapporto primario con la figura materna, aiuterà la futura mamma ad essere mamma a sua volta.
Il confronto con la figura materna è, infatti, per tutte le donne il trampolino di lancio, il palcoscenico: il debutto o l’insuccesso.
Questo legame – buono, pessimo, ambivalente, ma mai tiepido o assente – con le sue caratteristiche, verrà poi, faticosamente elaborato, e non sempre adeguatamente digerito senza riportare ferite postume.
Soltanto attraversando questo antico legame, si può procedere con il diventare la madre che si immaginava, e sperava, di essere.
Nel caso di figure materne ingombranti, algide, punitive o anaffettive, il cammino verso la maternità postuma sarà faticoso, e non sarà immune da intoppi o strappi.
Spesso infatti, le figlie che sono state figlie infelici, sanno bene come non essere – come la propria madre per esempio – ma non sanno come poter diventare.
Il percorso verso la maternità sarà davvero una fatica immensa, un vero percorso ad ostacoli.

Leggi anche:
Il trapianto del pene. Lui tra noi

Esistono davvero madri buone e madri cattive?

Forse, essere mamma, rappresenta la vera complessità di un rapporto imperfetto.
Il lato oscuro – del quale siamo obbligati ad occuparci – di un amore, forse idealizzato, forse estremizzato che, nell’immaginario collettivo, sembra essere obbligato alla perfezione.

Testimonianza

Cara Dottoressa,
le scrivo nella speranza di essere ascoltata, nella speranza che lei possa publicare questa mia email, in modo che possa raggiungere tante altre mamme grazie al Suo sito.
Io sono una mamma confusa, perennemente in colpa, ma sono voluta diventare mamma, “nonostante tutto”.
Sono stata abusata da piccola, dal mio vicino di casa, ma mia madre poi, non mi ha creduto e mi ha dato della bugiarda.
Venivo spesso maltrattata e picchiata, perché considerata vivace, lagnosa, irrispettosa.
Poi, all’età di 15 anni, ho scoperto di essere stata adottata perché mia madre non poteva avere dei figli a causa di una malattia.
Ma a me non avevano mai detto nulla.
Sempre menzogne su menzogne.
Sono stata bocciata svariate volte, così venivo spesso punita.
Io, in realtà, avevo solo bisogno d’amore.
L’estate dei miei 16 anni mia madre si è suicidata buttandosi dal balcone, e io l’ho trovata lì sotto.
Non ho parlato per quasi un anno, ma nessuno poteva occuparsi di me, mia nonna stava troppo male dopo avere seppellito sua figlia.
Sono andata via da casa e mi sono messa a lavorare, l’unica cosa che ho potuto fare era la prostituta.
Finalmente ero diventata potente, gli uomini pendevano dalle mie labbra, e guadagnavo davvero tanto.
Poi, mi sono innamorata, e sono rimasta incinta, ma il mio uomo non avrebbe mai dato il suo cognome alla figlia di una donna di strada, così ho fatto tutto da sola.
Adesso ho cambiato lavoro, sono sempre da sola, ma ho lei: la mia bambina.
La guardo, mi emoziono, temo di poter sbagliare come ha fatto mia madre, sono spesso confusa, ma ad ogni suo sorriso corrisponde un’energia infinita dentro di me.
Sbaglierò?
Sarò una buona madre? Pessima? Attenta?
Non so, ma so che la amo più della mia vita, e potrei dare la mia vita per lei.
Grazie per l’ascolto, per i suoi scritti, e per le sue parole, sempre attente, affettuose e puntuali.

Lisa.

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1 Commento. Nuovo commento

  • Storia triste la sua come quella di tanti di noi. Essere buone madri o buoni padri dipende però solo da noi. In ogni gesto e in ogni comportamento verso i nostri figli bisogna sempre aver chiaro cosa ci è stato tolto, i dolori che la vita ci ha riservato e cosa avremmo voluto noi bambini, ragazzi, giovani adulti. Sapendolo ed avendolo ben chiaro sapremo ogni giorno cosa e come fare e cosa e come non fare con i nostri figli. Spero che la vita le ridia tutto ciò che ingiustamente le è stato tolto.

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