Essere sé stessi è tra le cose più complesse e faticose che ci sia.
Già in utero “altro da noi” gioca a immaginarci.
“Sarà bruno, sarà biondo.
Con gli occhi della mamma e le labbra del papà.
Con la simpatia del nonno, il buon carattere della zia”.
Nasciamo, e non c’è giorno della nostra vita, in cui qualcuno non ci dica cosa fare, come muoverci, come parlare, come o cosa diventare.
Questo continuo imprinting comportamentale ci sarà d’aiuto per crescere bene, ma a un certo punto della vita diventa indispensabile diventare se stessi.
Essere sé stessi, nel bene e nel male
Impariamo a leggere, a scrivere, a essere autonomi, ma raramente impariamo a somigliare a noi stessi.
Arriva, poi, la tempesta perfetta dell’adolescenza.
L’omologazione al gruppo dei pari diventa la soluzione anti diversità, e pro-serenità.
Ci vestiamo, parliamo e ci muoviamo come tutti. Soltanto così ci sentiamo al sicuro.
Il branco contiene, lenisce le ansie, omologa, rassicura. L’Amore fa capolinea nelle nostre vite, e arriva la magia.
Ci innamoriamo, ed ecco che ancora “altro da noi” tenta di dirci come dobbiamo essere, o non essere.
Come dobbiamo parlare, muovere i passi nel mondo o amare, insomma, essere.
Quando siamo innamorati e non vedenti, può capitare di incontrare nel nostro cammino un partner-demiurgo che, mischiando le carte e confondendo l’amore con la cura, la protezione con il possesso, e la dedizione con la prevaricazione, ci dirà come fare, e come essere.
Per amore non vediamo, eseguiamo, sopportiamo.
Possiamo incontrare anche un partner-stampella, un partner sul quale ci appoggiamo per trovare un equilibrio, un equilibrio forse mai avuto.
Un partner-surrogato, che lenisca le ferite d’infanzia, che sia più d’un padre, o d’una madre, più di un fratello, più di un terapeuta.
Insomma, per essere sé stessi in amore, e per amare in maniera sana, equilibrata, ed equidistante dal mondo dell’altro, bisogna essere stati davvero molto amati sin da bambini, ed avere una buona dose di autostima, e di amor proprio.
Trovare nel proprio cammino un partner che sia capace di amarci senza punirci, senza renderci schiavi d’amore, o prigionieri o, peggio ancora, dissanguarci di energie psichiche, è davvero faticoso, ma attuabile.
L’amore – come diceva Jung nella lettera a Sabina Spielrain -, quello davvero indipendente dai vantaggi o svantaggi sociali, è un amore sempre fine a sé stesso, e non solo un mezzo in vista di uno scopo.
Per giungere a questo livello di consapevolezza, bisogna senza dubbio essere sé stessi.
Le ferite dell’infanzia
Non tutte le famiglie sono sane.
Alcune sono disfunzionali, ambivalenti, violente, o peggio ancora, assenti o svalutanti. Le famiglie assenti, anaffettive o disaffettive, lasciano nella psiche delle voragini importanti, difficilmente sanabili con la semplice crescita, o con la leggenda metropolitana dell’amore che nutre, e che tutto può.
La mancanza d’amore e di cure che si vive durante l’infanzia creano quella ferita invisibile ma sanguinolenta detta la “ferita dei non amati”.
Ferita che ci farà sentire sempre inadeguati, sbagliati, fuori posto.
Insomma, mai abbastanza.
Quella mancanza d’amore primario che, nel tempo e negli anni, si tenta di riempire con modalità svariate ed errate: dal cibo, alle droghe, agli amori, al fare ad oltranza.
Strategie che obbligano ad occuparsi di altro da sé, per non occuparsi di sé.
Tutto quello che può creare dipendenza non cura, e non aiuta a elaborare quello che è venuto meno durante la crescita psichica.
Dovrei chiedere scusa a me stessa per aver creduto di non essere abbastanza
Alda Merini
L’amore e la cura
Poi, nella vita, ci sono tanti amori, o presunti tali. Amori sbagliati. Altri letali, o criminali. Amori stampella, o Sos psichici.
Altri ancora, amori tossici. Quando non si sta bene con se stessi, è impensabile stare bene con gli altri.
Questo è tremendamente vero quando parliamo di amore, di coppie, e di relazioni longeve.
Ci sono Amori che apparentemente leniscono le ferite d’infanzia, ma in realtà le stesse ferite le tengono in vita.
Amori che nutrono la fame d’amore, la dipendenza, l’asimmetria del legame.
Altri che resistono alla prova del tempo che passa, con strategie adattive, accomodamenti e manutenzione del legame d’amore.
Altri amori che, invece, devastano.
E ancora, gli amori infedeli.
Amori possessivi, prevaricatori.
Ed amori che portano alla morte.
La donna, l’amore e la cura
Molte donne hanno un estremo bisogno di conferme da “altro da loro”.
Conferme del loro valore, anzi della loro esistenza.
Sono donne che non esistono se non amate, se non guardate, se non desiderate, ed anche, talvolta, se non maltrattate, o uccise.
Uomini che vietano, che inibiscono, che travolgono e stravolgono, non sono uomini che sanno amare, ma partner che confondono il divieto con l’affetto, la follia con la gelosa, e la cura con il possesso.
Il dominio, intersecato al comando, all’egemonia dell’altro è la strada di non ritorno per la limitazione della propria libertà, e per la fine del legame d’amore.
Un amore che opprime, prima o poi guarda fuori.
I migliori maestri sono quelli che ti indicano dove guardare, ma non ti dicono cosa vedere.
I. Trenfor
Cosa dovrebbe fare un genitore
Sappiamo bene che essere (non fare) un genitore è tra i mestieri più complessi che ci sia.
Cercheremo per il bene di nostro figlio, di insegnarli la strada, di proteggerlo dalle intemperie della vita e dalle sofferenze dell’amore.
Vorresti metterlo in guardia da tutto.
Dirgli di fare attenzione, di essere vigile
Dirgli come funziona l’amore, gli uomini, o le donne.
Mettere a sua disposizione le tue esperienze, i tuoi amori e, soprattutto, i tuoi sbagli.
Vorresti essere la sua seconda pelle per non mettere a repentaglio la sua.
Un ombrello per proteggerlo dalla pioggia, o dal sole cocente.
E ancora, vorresti indicargli il cammino migliore, quello pianeggiante, o sostenerlo nei momenti di difficoltà, ed amarlo a dismisura.
Credo però, che la cosa davvero più faticosa da poter fare, è aiutarlo ad essere se stesso.
Se stesso contro corrente.
Se stesso conto vento.
Se stesso nelle avversità, nel dolore, nel disagio.
Sé stesso nel gruppo di pari, sé stesso in amore.
Insomma, sé stesso nella vita.