“Essere mamma non è un mestiere. Non è nemmeno un dovere. È solo un diritto fra tanti diritti”
Oriana Fallaci, lettera a un bambino mai nato, 1975
La Apple e Facebook, due mostri sacri dell’informatica, travalicano il privato delle loro “dipendenti donne” ed escogitano una nuova strategia pro-produttività o meglio anti-maternità: alle dipendenti verrà pagato direttamente dall’azienda – non le ferie, non la malattia e nemmeno la maternità – ma bensì il congelamento degli ovociti, il social freezing.
La “vantaggiosa offerta” erogata dall’azienda garantisce – in maniera del tutto gratuita- il congelamento degli ovuli fino a quando le donne – spontaneamente – non desidereranno mettere al mondo dei figli.
La strategia, ammantata da altruismo, è in realtà una strategia di puro marketing affinché le donne dipendenti possano procrastinare sempre più in avanti nel tempo il loro progetto di maternità.
Tra le righe ritorna il solito concetto di maschilistica memoria: per fare carriera le donne, dovrebbero rinunciare a mettere al mondo dei bambini, come se il diventare madri, fosse l’esatto contro altare della serietà, della crescita professionale e soprattutto fosse chiaramente da ostacolo alla produttività femminile.
- Ma siamo certi che una proposta indecente come questa, sia veramente la strada maestra per la produttività?
- Un’azienda trarrebbe vantaggi da donne frustrate dal “congelamento di un sogno”?
- Donne-dipendenti malate di iper-lavoro?
- Dipendenti portatrici sane di crisi di coppia e di crisi personali?
- L’orologio biologico verrà manovrato, procrastinato, sedotto in cambio di denaro e potere; ma siamo certi che sia la strategia vincente?
La metodica del congelamento ovocitario è stata inizialmente introdotta per preservare e tutelare la fertilità in quelle donne che a causa di patologie destruenti dell’ovaio, di cause genetiche o conseguenze di chemio o radioterapie, rischiavano di andare incontro ad un “esaurimento ovarico precoce”.
Le donne che ricorrono al social freezing, sono donne “obbligate” ad attuare questa scelta, sono infatti donne infertili, non giovanissime e con problematiche che compromettono o danneggiano la produzione ovocitaria o donne con una POF (“Prematurian ovarian failure” ovvero un impoverimento ovarico precoce), cioè una menopausa precoce, che mosse da prudenza e lungimiranza congelano i loro gameti per periodi più rosei della loro esistenza.
Viviamo in un momento storico caratterizzato da un delirio di onnipotenza, da un bisogno – direi quasi necessità- di controllare, monitorare e decidere anche il destino biologico dell’uomo.
- Oggi la fecondità e la possibilità riproduttiva viene disgiunta dai gameti dei genitori- si possono infatti ricevere da una banca- dall’utero che contiene- anche questo reperibile in affitto- ed anche dalla dimensione di coppia- in America anche i genitori single possono procreare.
- Ma siamo certi che queste dolorose e preoccupanti scissioni non siano nocive per la futura crescita psichica del bambino?
- Anche la nascita dei figli, può essere messa in agenda?
- La fisiologia della riproduzione femminile, deve seguire i mutamenti sociali?
- Il corpo si adatta ai tempi?
- La produzione ovocitaria deve seguire la carriera?
- Una donna deve aspettare la sistemazione lavorativa, l’uomo giusto e, per finire, l’obbligatorietà alla performances lavorative?
- E la dimensione dell’Amore e del desiderio di famiglia, dov’è andata a finire?
In Italia, per fortuna, le aziende pensano alle mamme lavoratrici ed escogitano strategie per renderle “serenamente produttive” accanto ai loro piccoli ed alo loro destino biologico ed emozionale.
Dottoressa Valeria Randone
Per approfondimenti vista il sito del CRA CATANIA