Ho immaginato di prestare la mia penna a Carla, nome di fantasia, mia paziente, che dopo un legame travagliato e sbagliato prende il volo in direzione sé stessa.
Io non sono il tuo abbandono. Non sono le mie lacrime per te. Non sono le tue parole crudeli, i tuoi rifiuti, la tua vendetta. Non lo sono.
Mi sono messa in salvo dalla tua perfidia e dalla tua ferocia, dall’incuria e dall’invisibilità nella quale mi avevi relegata. Mi sono divincolata dal dubbio di essere sbagliata. Ho tolto di dosso la pelle scorticata che mi era rimasta. Ho cicatrizzato le ferite e tolto i punti di sutura.
Più volte hai tentato di intrappolarmi nelle sabbie mobili del tuo sguardo su di me, nei tuoi silenzi punitivi, nella mancanza di baci e di ascolto. Avresti voluto ammanettarmi nella tua ira, nella tua presenza-assenza, nella tua sciatteria mentale e manipolazione continua, e in quel modo magistrale e unico che avevi di farmi sentire in colpa, sbagliata, scema.
E invece non ci sei riuscito.
Ti ho smascherato giusto in tempo per salvarmi la vita. E nel mettere a fuoco te ho messo a fuoco me, perché mi ero del tutto smarrita nelle grinfie di questo rapporto letale.
Con questa lettera ti dico addio e dico addio alla me bisognosa e crocerossina, alla me bambina e fragile; spalanco le porte al nuovo, all’inedito, all’imprevisto.
Io sono primavera e nuova vita.
Sono altro e vado altrove.
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1 Commento. Nuovo commento
Valeria,
quello che scrivi mi fa piangere. Mi ritrovo in tutto, dovrei chiamarti, anche se a distanza forse saresti quella giusta per farmi uscire da questo limbo.
Sei veramente unica e una grande professionista.
Grazie