Buongiorno Dottoressa,
ieri sera ho visto la sua diretta con Matilde, donna che stimo molto.
Sono rimasta attratta dal concetto che avete portato avanti e che riguarda la paura della felicità.
Adesso ho capito cos’ho ho: ho paura di essere felice. Non sono stata una bambina amata, anzi abbondantemente bistrattata, e mi sono abituata a essere infelice.
Ho sempre scritto tanto e mangiato tanto, due attività che mi hanno estraniata dal mondo e mi hanno protetta dalle emozioni. Mi sono sempre detta che una cicciona non può piacere a nessuno e sono andata avanti negli anni.
Adesso mi chiedo e le chiedo: è tardi per imparare a essere felice?
Perché forse mi sono stancata di sparire sotto i miei maglioni XL e le mie tute slabbrate.
Un abbraccio grande e grazie per tutto quello che scrive, mi fa compagnia durante le mie giornate buie.
Cara Lettrice,
grazie per le Sue parole, sono contenta di farle compagnia durante le giornate buie e di accendere la luce in casa sua anche a distanza.
Scrivere e mangiare sono due attività meravigliose entrambe, ma non possono surrogare quello che le manca. Se è stata una non amata, avrà un buco nel cuore da curare (non riempire o sublimare), per evitare che la ferita continui a muovere le fila della sua vita affettiva.
La felicità è un percorso irto di fatiche e di difficoltà, e per imboccarlo senza fare inversione a U bisogna avere un navigatore ben attrezzato, una sorta di GPS del cuore. Non è difficile ma dovrebbe sapere come fare e, soprattutto, imparare a disinnescare quel sabotatore interiore che la porta a rintanarsi nelle sue tute slabbrate e malie XL. Chieda aiuto a un clinico sarà più facile imboccare la strada giusta.
Un caro saluto
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