Ho prestato la mia penna a Marianna (nome di fantasia), donna innamorata e spaventata.

Amarti è una delle cose più belle che mi siano capitate. Tra le tue braccia mi sento me stessa, al sicuro, molto amata. Rido, respiro, vivo.
Grazie a questo amore ho incontrato delle parti psichiche che non pensavo di avere.
Mi sono scoperta diversa, in cammino, inaspettatamente intraprendente.
Grazie a questo amore anche tu sei profondamente cambiato: sei diventato te stesso. Hai avuto il coraggio di distanziarti dalle terre dell’infanzia; pur nel profondo rispetto e nella profonda gratitudine, ti sei messo in cammino.
Le tue parti psichiche si sono atomizzate tra di loro, senza quella spigolosità o permalosità figlie della paura e delle batoste della vita.
Questo nostro amore così diverso e così complice ha fatto bene a entrambi.
Ci siamo regalati tanta felicità, quella di cui avevamo un gran bisogno e di cui avevano una gran paura, e abbiamo respirato a lungo quell’eco indimenticabile e indispensabile dei momenti belli che accompagna il dopo e che abbraccia le giornate buie accendendo la luce.
Amarti è affascinante e pericoloso.
Quando ti allontani da me, quando ti sposti e ti scolli, quando ti distrai sapendo di distrarti, e quando difendi la tua presunta libertà, che nessuno ha mai sindacato, mi uccidi.
Mi fai un male da morire, ed è un male che non passa.
Rimango attonita e immobile. Non capisco. Mi disorienti.
Inizio a vedere un altro te. Una persona inedita, mai vista prima. Una persona di cui non mi sono innamorata e di cui mai mi sarei mai potuta innamorare, ma che intanto c’è e abita in te e quindi anche in me.
Dopo i litigi mi ritrovo a dover fare i conti con questa nuova immagine che non mi piace, ma che esiste.
Cercare di accettarla è per me una fatica inarrestabile e inenarrabile.
Mi viene voglia di estrometterla da me, ma lei ritorna. Torna prepotentemente a disturbarmi, a dirmi che mi sbagliavo, che c’è anche lei in te e che prima o poi tornerà a farsi viva ferendomi ancora.
Cerco di cancellare o rimuovere le sensazioni provate, le lacrime versate, le conversazioni dolorosamente lette, gli audio, i litigi, ma loro tornano da me. E lo fanno in maniera puntuale e avvolgente.
Ti ricordo come abbiamo iniziato?
Eravamo zoppi, claudicanti, feriti, maldestramente rattoppati. A ogni passo avanti in direzione noi, io ne facevo due in dietro in direzione paura e terre dell’infanzia. A ogni conquistata seguiva il ricordo di un abbandono subito, di un trauma più o meno elaborato.
E poi c’era l’esame di realtà. Quello scomodissimo esame di realtà che mi obbligava a tenere i piedi ben saldi sul pavimento.
E adesso mi ritrovo con questo nuovo te che non mi piace, ma che c’è. Provo ad amalgamarlo con tutte le tue altre parti psichiche che amo profondamente, ma questa nuova parte è diversa: stride e duole più che mai. Mi ha creato un brusio interiore che confonde ogni mio sentire.
In questo disastro emotivo annaspo e cerco facili soluzioni.
La mia arma di ribellione è sempre stata la penna, provo a brandirla come se fosse una bacchetta magica, spero tanto che mi aiuti.
Sono sempre stata convinta dell’immenso potere emotivo che ognuno di noi consegna agli altri quando si racconta con le proprie parole. Provo a raccontarmi quello che mi è accaduto, vediamo se guarisco dal dolore.
Ma tu non ti raccontare ad altri, per favore.

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