Due occhi profondi. La pelle color cioccolato al latte. Un viso sorridente, aperto al mondo.
La parola al posto dei calci e pugni. Un tentativo andato a male di fare da paciere, che gli fa incontrare la morte. La sua.
Una storia che ha dell’assurdo.
Aveva soltanto ventun anni, e si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Cercava di mettere pace, mentre veniva letteralmente massacrato di botte. Due ragazzi che avevano due corpi al posto delle armi, con tanti muscoli e poco cuore, si sono fatti rapire dall’entusiasmo o dal sarcasmo e non hanno smesso di picchiarlo finché non lo hanno steso per terra.
Non contenti, a morte sopraggiunta, hanno proseguito con dei saltelli sul corpo esanime e caldo. Non si trattava di un mach sportivo, di un combattimento amatoriale o agonistico, non c’era un arbitro o un giudice, e nemmeno le loro due coscienze. Di cui i due atleti, addestrati per uccidere, immagino siano sprovvisti.
Si chiamava Willy, e aveva ventun anni.

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