Siamo abituati a leggere e a scrivere lettere d’amore, mai una lettera d’addio.
In realtà abbiamo bisogno di rituali, anche nella sofferenza, perché il rituale dà importanza a quello che facciamo e restituisce valore a quello che proviamo, o abbiamo provato.
Il rituale, d’amore o di dolore, è un appuntamento. Un qualcosa che si ripete: regala autorevolezza al sentire.
Un rituale accade ogni volta. Conferisce importanza alle parole, al sotto testo emozionale del gesto, regala autorevolezza a quanto esperito.
Quando ci innamoriamo, siamo propensi a scrivere fiume di messaggi, una quantità indicibile di lettere d’amore, chat lunghissime e frequenti, senza tempo e senza spazio.
Diventiamo verbosi e, tutt’un tratto, iniziamo ad avere problemi con la continenza verbale ed emozionale.
Le nostre parole scritte ci terranno compagina nel tempo, quando saremo in carestia della persona amata o avremo voglia di emozionarci ancora e ancora; così, rileggeremo le nostre parole e quelle del partner ogni qualvolta ci verrà voglia di emozionarci ancora.
Quando finisce un amore, invece, cerchiamo con tutte le nostre forze di rimuovere la sofferenza, di non attraversare il dolore relativo alla perdita, e di far finta che quella persona non abbia mai fatto parte della nostra vita.
La negazione della sofferenza postuma si estende alla negazione del sentimento provato, con il rischio di negare anche le parti psichiche nate grazie a quell’amore.
La lettera d’addio, un rituale che facilita la transizione
I rituali facilitano l’elaborazione della sofferenza e la transizione da uno stato a un altro.
Scrivere una lettera di addio significa dire a chi abbiamo amato che, a prescindere dal dopo, siamo stati onorati di quello che c’è stato. Siamo stati fortunati a vivere quell’amore; ad avere avuto dei figli da lui o lei; a essere oggi le persone che siamo anche grazie al cammino intrapreso e alla sofferenza provata.
Quando in preda alla sofferenza si rinnega l’altro, è come se si rinnega anche se stessi. Inevitabilmente.
La memoria non è una facoltà obbediente, si piega alle emozioni e all’onda anomala della sofferenza, ricordando alcune cose e rimuovendone delle altre.
La psiche umana funziona così: ricorda quello che di bello c’è stato, e fa a pezzi quello che ha creato sofferenza.
Nella migliore delle ipotesi interviene un potente meccanismo di difesa della psiche che si chiama rimozione: la persona che ha amato tanto o tanto male, in prossimità di un addio, fa finta che l’altro, colui che un tempo era stato scelto come il destinatario di un privilegio, non sia mai esistito.
Una sorta di tabula rasa emozionale.
Nella peggiore, invece, subentra la rabbia distruttiva e corrosiva che distrugge quello che di buono c’è stato tra i due coniugi e, paradossalmente, mantiene in vita il dolore per la fine della relazione.
Dal vecchio al nuovo, passando dall’addio
Quando un amore giunge al capolinea, sembra quasi obbligatorio screditare il sentimento provato per poter andare avanti.
Il partner più sofferente utilizza la rabbia come se fosse un motore propulsivo per mettere a fuoco ciò che ha generato sofferenza, e per andare il più lontano possibile dal trauma subito, con il rischio di aggirare la separazione e di non elaborarla.
Scatta un bisogno cocente di distruggere tutto ciò che è stato vissuto per giustificare la decisione di andar via da quell’amore, da quella vita, da quel noi.
Percorsi emotivi e psichici totalmente differenti.
Scrivere una lettera d’addio significa attuare un rituale: un accompagnamento alla fine di quell’amore.
Una lettera di addio è un ringraziamento a quell’amore per quello che ci ha lasciato, per quanto ci ha fatto crescere e trasformato, per quelle parti psichiche che sono nate grazie a quell’amore e non a un altro.
Una lettera che contenga tutto ciò che potrebbe mancarci di quell’amore, perché nonostante la sofferenza provata o subita, un amore regala (o ha regatato) benessere, crescita e trasformazione.
Una lettera di addio consente di dare valore alla relazione, dall’inizio alla fine.
Consente di enfatizzare la ricchezza della relazione, di piangere per il dolore della perdita e di stabilirne l’eredità.
Le parole scritte a posteriori vengono scritte da un cuore ormai raffreddato, ma rappresentano ugualmente il testamento di quell’amore.
Immobili nel dolore. Come dirsi addio e riprendere il cammino
Ci sono coppie abitate da due partner fisicamente presenti ed emotivamente altrove.
Coppie che soffrono ma non decidono. Che si dilaniano nell’astio e nel disagio, ma rimangono immobili.
Coppie che si tradiscono, occasionalmente o stabilmente, ma non trovano la forza o il coraggio di cambiare vita.
Talvolta uno dei due non è ancora andato via, ma non è neanche lì, è emotivamente distante, ma non intende separarsi.
Ci sono coppie che vivono una relazione nella quale non sono né tristi né felici, una coppia dalle tinte sbiadite e dalle temperature tristemente tiepide.
Ma, nonostante tutto, non riescono ad andare via dalla relazione, o meglio, da quello che un tempo era la relazione.
Il ricordo della relazione, di come si sentivano dentro quello che un tempo era una coppia, li fa sentire al sicuro, anche se profondamente infelici.
Così preferiscono la non scelta alla libertà, la sofferenza al coraggio, l’immobilismo al cambiamento.
Talvolta, una lettera di addio, quindi mettere nero su bianco la fine di un matrimonio con umiltà e garbo, senza insulti, senza aggressività, senza screditare tutto quello che di buono c’è stato, è un regalo per se stessi, per il coniuge, per i figli e per il tempo che verrà.
Coniuge che, nella maggior parte dei casi, rimane genitore e con il quale, per il bene dei figli, sarebbe bene rimanere coesi.
Un matrimonio riuscito non finisce in una camera ardente, una coppia disfunzionale si; ma anche in questo caso c’è sempre qualcosa da poter o dover salvare.
In un’epoca in cui l’aspettativa di vita è cresciuta significativamente, le coppie si separano anche con i capelli grigi, perché la speranza di recuperare in qualità di vita e di coppia è più forte e virulenta della prospettiva di rimanere immobili e sofferenti dentro una coppia già deceduta.
A volte una relazione ha fatto il suo corso; per i più svariati motivi si è esaurita.
I due protagonisti di quell’amore non hanno più nulla da dirsi e da darsi; in questo caso, aiutare la coppia ad accompagnare alla morte – con gradualità e con dignità, con rispetto e integrità – il loro legame, è un ulteriore gesto d’amore nei confronti della coppia che sono stati.
Quando una coppia mi consulta perché non riesce a separarsi ma hanno smesso di amarsi e di rispettarsi da tempo, aiutarli a rimanere in buoni rapporti, dei buoni genitori e dei genitori buoni, diventa un obiettivo del mio percorso terapeutico.
Una coppia che viene aiutata a parlare, a discutere, a elaborare la loro separazione, sarà una coppia di coniugi che si separano con civiltà e buon senso, custodendo dentro di loro tutto il buono che c’è stato.
La gentilezza, così come il rispetto, è contagiosa.
Spezzone di una consulenza
Una coppia di miei pazienti, dopo reiterati tradimenti, dopo un lutto e una malattia, dopo un cammino fatto insieme, in funzione di quel sentimento residuo che li aveva accompagnati fino a quel momento, decidono di dirsi addio con un rituale di separazione pattuito in seduta.
Sono stata autorizzata a pubblicarne una piccola parte per i miei lettori.
Lei scrive a lui:
Nonostante tutto quello che è successo, apprezzo e apprezzerò sempre quello che c’è stato di buono nel nostro matrimonio e lo conserverò nel profondo del mio cuore. Sappi che adesso sono la donna che sono diventata grazie a te, grazie a noi, e non ho nessuna intenzione di rinnegare il buono che c’è stato tra di noi; lo terrò in valigia per i prossimi viaggi.
Mi hai insegnato a stare dritta sulla mia schiena, a superare la mia fame d’amore, a vedere oltre, a non essere impulsiva, a contare sino a dieci prima di rispondere.
A essere migliore. Per questo ti ringrazio e, qualunque cosa dovesse succedere nelle nostre vite, qualunque altro incontro o amore, una parte di me rimane a te.
25 Commenti. Nuovo commento
Bellissimo questo articolo. Tutti dovrebbero rispettare il partner anche nel momento in cui decidono di lasciarlo. E soprattutto ricordare il buono che c’è stato e non cancellarlo. Io l’ho fatto e ne sono contenta. Sto affrontando il dolore del distacco senza cedere alla tentazione di distruggere i bei ricordi con la rabbia, perché soffrirei ancora di più e non sarebbe giusto nei suoi confronti, anche se sono stata lasciata con un messaggio e senza tante spiegazioni.
Buonasera e grazie per il Suo racconto. Un amore, anche se muore, lascia sempre qualcosa di buono. Distruggere il passato è davvero un omicidio.
Un caro saluto.
Gentile dottoressa
nel caso in cui il partner si sia comportato molto male, bugie e tradimenti continui, e magari chiude anche i rapporti da vero narcisista ….. questa lettera come si fa a scriverla? A chi la scriviamo? A noi stessi per aver amato l’amore e aver consentito di farci del male?
Grazie
Buonasera,
ogni relazione anche se dolorosa lascia sempre qualcosa di buono.
Anche la sofferenza aiuta a crescere, a capire cosa non si vuole più dalla vita è cosa si desidera.
Una letta di addio è un simbolismo, può scriverla a se stessa o a lui.
Un caro saluto
Buonasera Dottoressa.
Sono assolutamente d’accordo con Lei: scrivere (al partner o a se stessi) aiuta tantissimo a superare la fine di un amore.
Io ho concluso così un rapporto con un uomo sposato che mi ha fatto molto soffrire per tutte le promesse e le ovvie delusioni.
Eppure non lo odiavo e quando ho deciso di chiudere una relazione per me distruttiva, l’ho fatto con una lettera dai toni molto pacati, in cui non vi era traccia di alcun rancore, perché in fondo, nonostante le illusioni, ho amato quest’uomo con tutta me stessa.
Scrivergli mi è servito per sancire una fine definitiva senza alcuno spiraglio per un’eventuale ripresa del rapporto.
E dopo averla mandata, mi è risultato meno difficile tagliare completamente i ponti ed eliminare qualsiasi contatto.
E la mia rinascita ha avuto finalmente inizio!
Grazie!
Grazie per questa Sua testimonianza. La scrittura ha davvero un potere curativo, arriva al cuore – proprio e altrui – mette ordine, ringrazia, cicatrizza, accarezza.
Un amore non va mai rinnegato; sono assolutamente d’accordo con Lei.
Auguri per tutto
Non rimpiango il passato, o del passato rimpiango di aver dato troppo per scontato, di non poter oggi, porre rimedio ai miei errori. Di non poter darti ancora ciò che provo per te. Non mi fa paura la solitudine, mi fa paura l’assenza di te. Poter contare sul tuo cuore, con una carezza, un abbraccio, e il fatto di sapere che ci sei. Mai ho amato, come amo te. Mai sentito tanto dolore nel cuore. Non volevo ferirti, perchè tutto ciò che ho sbagliato, non solo mi ha fatto perdere te, ma mi ha svuotato il cuore e l’anima. Ovunque tu vada, qualsiasi cosa tu faccia, io resterò da parte, colmando il mio vuoto, con la dolcezza dei ricordi.
Ciao Claudio,
la tua lettera mi ha commosso e colpito profondamente perché le stesse parole avrei potuto scriverle anch’io per l’uomo che ho amato e amo tutt’ora più di chiunque altro. Anch’io rimpiango di non aver potuto porre rimedio ai miei errori, di non potergli più dimostrare il mio amore perché forse avevo dato per scontato il suo per me. La sua assenza è una costante presenza nel mio cuore. Lui è sempre con me…
La tua sensibilità è speciale. Non perderla.
Silvia.
Ora, intorno a me, la solitudine. Poi, andare avanti, senza sapere più chi sei, non avere nessuna strada davati da percorrere. Voltarsi e ricordare il passato, imparare dai propri errori. Ricominciare, quando tutto sembra finito, e senza se stessi, è un ostacolo che nessun cuore dovrebbe trovarsi davanti. Quando chi, prima ti adulava, ed ora ti evita, perchè per loro eri una persona da tollerare, ti toglie ogni speranza. Ci sono malattie e tante cure, ma per la solitudine del cuore, c’è solo l’AMORE!
Grazie Silvia 72, e soprattutto grazie a Lei Dottoressa Randone. Qui riesco ad esprimere ciò di cui non sono stato capace a dire con le parole. Sono un uomo maturo, ma nella vita non si finisce mai di imparare. A presto e….. Buon Amore A TUTTI!!!!
Gent.ma Dottoressa
bellissimo questo suo articolo sul sapersi dire addio. E’ importante imparare a lasciarsi.
In questo momento della mia vita sto vivendo proprio questa fase dopo dieci anni di rapporto ed è maledettamente difficile lasciar andare.
Ma pian piano sono sicura di potercela fare.
Grazie
Saluti
Buongiorno e grazie per i suoi consensi.
Le auguro di superare questo momento così doloroso, e di custodirlo con cura.
Un affettuoso saluto
Buonasera a Lei, Dott.ssA Randone. Scrissi tempo fa, parlando della separazione da mia moglie, dopo ben 30 anni di matrimonio. Ora siamo in procinto di divorziare, e oramai, le poche speranze di riappacificazione stanno morendo insieme a me. Dopo un anno, pensavo di aver superato o di essermi abituato a convivere con questo dolore. Ma il dolore è sempre più forte, non riesco ad accettare la sua mancanza. Mi manca da morire e, non riesco più a vivere una vita normale. Lontano dagli amici, dalle mie poche abitudini. Spesso mi assento dal lavoro per malesseri vari. Non ho più pensato di riavere un altra relazione, pur essendomi capitate varie volte. Ho in testa solo lei. Perchè senza AMORE, il CUORE MUORE.
Buonasera Claudio,
ho ritrovato il suo commento, ma non so perché manca la mia risposta.
Le avevo suggerito di farsi aiutare. Lo ha fatto? Si è fatto seguire da un mio collega per elaborare il lutto e l’abbandono?
Da soli non si guarisce. E il tempo non è una medicina.
Gent. ma dott.ssa Randone. È emozionante leggere il Suo articolo sull’importanza di lasciar andare ciò che un tempo abbiamo vissuto intensamente. È un cammino irto di difficoltà quello che intraprende chi decide di lasciare andare per davvero ma diventa essenziale per continuare a vivere e rinascere.
Grazie, Francesca, per le Sue parole.
Cara Dottoressa, il suo articolo è stato d’illuminazione per me specialmente in questi giorni che io e mio marito stiamo affrontando. Dopo 20 anni di matrimonio dei quali almeno 15 sono stati di intensa felicità, ci siamo trovati negli ultimi 5 a vivere come due stranei, come dicevamo noi “come fratelli”, lui era sempre più freddo e distante ed io sempre più chiusa in me stessa, e l’anno scorso con la Pandemia e la chiusura, entrambi a passare i giorni sotto lo stesso tetto, lui ha iniziato una relazione virtuale che dopo è diventata reale, una donna che ha quasi gli anni di sua mamma e conoscendo le nostre difficoltà economiche, ha proposto a lui di andare a vivere in una delle sue case, lui gli ha risposto che mai senza di me e che comunque i miei bisogni rimanevano al primo posto, così sono stata trascinata in un rocambolesco trasloco di fine anno, ignara di quanto succedeva alle mie spalle, fino a quando è morto il nostro amatissimo gatto di 18 anni, ed io avendo visto degli atteggiamenti tra di loro che mi hanno fatta insospettire sono per la prima volta a violare la sua privacy, ho preso il suo cellulare e sono andata direttamente alla loro chat su What’sApp, in quel momento mi è crollato il mondo, mi son sentita smarrita, angosciata, sola e tanto, tanto umiliata, al giorno dopo parlato ad entrambi, lui ha detto di non amarmi più come una volta, ma che mi vuole sempre bene, mentre io non ho mai smesso di amarlo e di essere innamorata di lui, mi ha chiesto di non andarmene, di lasciarlo starmi vicino per accompagnarmi a riprendere la mia saluta e la nostra serenità per poi poter prendere una decisione, al momento lui ha sospeso la sua relazione con lei, e non ci siamo separati in casa (per la prima volta in 20 anni dormiamo in letti diversi) lui crede che ci sia tanto amore dentro di noi e per questo stiamo per iniziare ciascuno un percorso individuale con un psicologo e poi andremo a vedere un psicoterapeuta di coppia, ma io dottoressa la sto vivendo davvero male e sembra che io dia per certo che il nostro amore è morto e stia vivendo una specie di lutto, sento che qualcosa di prezioso si sia irreparablemente rotto tra di noi e che nulla sarà mai uguale, la nostra complicità, la nostra reciproca fiducia, il nostro amore fatto di tanti momenti gioiosi ma anche dolorosi, abbiamo superato insieme tante prove, crisi, malattie, ma ora che l’ombra di un’altra persona che tra di noi, non sono più sicura di niente ed è per questo che scriverò questa lettera di addio, spero mi aiuterà a trovare qualche sollievo e ad abituarmi all’idea della sua assenza.
Cara Lettrice,
grazie per il suo racconto così doloroso e straziante. Scriva la lettera, sono certa che l’aiuterà a mettere insieme i cocci. A riparare e ripararsi. A trovare una sorta di risarcimento per quanto accaduto.
Un augurio affettuoso.
Buongiorno dottoressa,
dopo vent’anni di amore(?), Cocaina, alcool e altre donne, ma soprattutto quattro bambini, ho deciso di andarmene via di casa, non perché non amassi più mio marito, ma per proteggere i miei figli e me stessa.
Beh, nonostante ci siamo sempre frequentati, dal momento che la mia non voleva essere una rottura, ma più uno strappo ad una vita emotivamente pesante. Gli abbiamo chiesto in tutti i modi di curarsi, ma niente!
Io per due anni ho atteso che mi desse dei segnali di ripresa, perché sentivo che il mio posto era lì vicino a lui a casa nostra. Non ho avuto nessun altro, lui si, per colmare i suoi vuoti diceva: “amo solo te,tu sei l’unica!”.
Questo fino alla scorsa settimana, questo weekend va a Malta con un’altra donna che ha detto di amare. Io adesso, anche se mi sforzo, nn ho forza per cercare parole che testimonino ciò che è stato il nostro amore, non ci riesco, è troppo forte la delusione e la rabbia.
Buonasera Silvia,
quando dolore contiene la sua email-confessione.
Purtroppo non si può aiutare chi non vuole
Essere aiutato.
Si salvi lei e i suoi bambini.
Auguri per tutto
Anche io ho una storia di dolore con il mio ex compagno e padre di mio figlio, credo che lui sia un narcisista, ed io sono stata la sua vittima, dopo tre anni di convivenza e un figlio desiderato sono iniziati i comportamenti tipici patologici, scarti, tradimenti e umiliazioni e poi abbandono anche nei confronti del figlio, abbiamo mantenuto bene o male un rapporto per anni, oggi a 70 anni mi confessa che ha una compagna da decenni, io sono ricaduta nella depressione e nella rabbia, pensavo di aver trovato un equilibrio ma mi rendo conto che non era vero, nonostante anni di psicanalisi e strategie varie per superare questo “lutto” mi ritrovo a macerarmi ossessivamente al pensiero che dopo tutto il male subito, lui mi ha sempre ingannato, sono scioccata dalla sua confessione dopo 30 anni, ora siamo settantenne, io non mi sono mai più fidata degli uomini, e sono rimasta sola, inizialmente lui li allontanava da me ma solo per possesso, credo non solo non mi abbia mai amata, ma neppure rispettata, lui è un uomo irrisolto, credo trovi questa ultima donna funzionale, non penso possa provare sentimenti di amore o empatia, lei avrà toccato le giuste corde del narcisista, anche la psicoterapeuta da cui sto andando me lo conferma e cerca di aiutarmi a a capire quanto questo sentimento sia una mia illusione, eppure io non riesco ad uscirne e sono troppo piena di rancore, delusione e rabbia anche verso me stessa, non so se riuscirò mai ad uscire da questo dolore, anche perché mi sembra troppo tardi, ormai mi ha condizionato e rovinato la vita, la mia unica gioia è mio figlio che è un uomo buono e un papà meraviglioso, però per il resto sento una gran fallimento nella mia vita, forse inconsciamente speravo in un riavvicinamento affettivo tra noi nella vecchiaia ed ero convinta stupidamente che anche lui non si fosse ricostruito una vita, pur avendo sempre relazioni, e poi non accetto la menzogna e la disonestà che ha avuto in tutti questi anni nei miei confronti, a volte di sembra di impazzire, lui, l’uomo che ho amato veramente è quello che mi ha ferito nel modo peggiore…
Non sono affatto d’accordo con questa nuova moda del lasciarsi da amici. Solo il pensiero mi provoca le reazioni emotive più devastanti. Preferirei piuttosto una distanza piena di disprezzo per chi mi ha lasciato senza nemmeno una valida spiegazione ma solo con un laconico “non ti amo più mi dispiace”. Ed è meglio anche fingere di non conoscersi se malauguratamente ci si incrocia qua e là. Qui non ci sono le famose sfumature di grigio, o è bianco o è nero. Arrivederci.
Dopo 43 anni di matrimonio e con una figlia disabile di 41 anni mi ritrovo con un marito che vuole separarsi perché non è più innamorato di me ma lo è di un’altra . Sono distrutta.
Cara Lettrice,
le sue parole sono un pugno in pancia. Non so cosa dirle, in alcuni casi le parole non bastano.
Chieda una consulenza de visu, l’unico luogo per ripartire. Se ha bisogno di me può chiamarmi da fine agosto.
Un caro saluto
Sono sempre Gianna, quella che il marito voleva separarsi. Ora lo ha fatto, sono rimasta sola con mia figlia disabile, sto combattendo da un anno per la rottura del femore e sono disperata. Mi è crollato il mondo addosso, vorrei scrivergli una lettera, non so da come cominciare. Non so se sopravvivero’ a questo dolore, non ci posso pensare. Come si può abbandonare dopo 45 anni di matrimonio?