Gli eterni Peter Pan, il randagismo psichico

Si definisce randagismo la sfortunata condizione di un cane senza fissa dimora, senza un amorevole padrone da cui rincasare, senza un tetto e senza una ciotola a tempo indeterminato.
Un cane che sposa la solitudine: subita, non voluta.
Il randagismo diventa psichico quando si impossessa degli esseri umani o quando gli esseri umani si impossessano di lui e lo scelgono come stile di vita.
In un’epoca dove tutto è possibile, lecito e consentito e l’impegno spaventa, alcune persone diventano devote alla diffidenza e ai legami liquidi. Sposano l’evitamento dell’intimità e il vagabondaggio da una relazione-emozione all’altra, anzi, più precisamente, da un corpo all’altro.
La base sicura su cui costruire una relazione d’amore si trasferisce nella terra dell’utopia.
L’intimità, quella vera, reale e profonda, fa paura, diventa generatrice di quote d’ansia e invita chi la assapora alla fuga.
I randagi psichici sono allergici ai legami affettivi e alla condivisione di una vita a due a tempo indeterminato.
Vivono in una condizione cronica di egocentrismo cognitivo, poco incline all’altro e alla vita di coppia, subordinando la possibilità d’amare alla paura.
Questa malattia del vivere parte da lontano, dalle terre dell’infanzia, e da lì andrebbe curata.
Sono uomini o donne che, nella loro memoria corporea, hanno scolpite a fuoco drammatiche esperienze di abbandoni primari, infarciti di ricordi di madri non accoglienti o immature.
Sono figli di separazioni destruenti, drammaticamente manipolati, utilizzati e ignorati.
Sono orfani di genitori vivi, assenti o ingessati sul piano affettivo, incapaci di amare e di farsi amare. La trappola, come sempre nella vita, può diventare un trampolino, ma i clinici sono assolutamente indispensabili.
I randagi psichici non sono single, ma soli.
E tra le due condizioni c’è una grande differenza.

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