Per la chiesa messo al rogo. Storicamente associato alla censura, al divieto, al peccato, alla caduta dei capelli, alla colpa: l’autoerotismo.
Per le coppie stabili viene vissuto come “altro” dal partner.
Per i moralisti come impensabile.
Per i trasgressivi assolutamente insostituibile.
Per i pudici un vero e proprio tabù.
Per gli infelici indispensabile.
Per gli stressati, gli ansiosi e gli insonni, rappresenta invece un antidepressivo, un ansiolitico, un ipno-induttore.
Per gli amanti distanti una vera e propria sublimazione dell’Amore.
La sessualità – e ancor di più l’autoerotismo – ha assunto negli anni svariati significati ed è andata in contro a parecchie chiavi di lettura: talvolta censurata e repressa, talvolta trasgressiva e rivoluzionaria, altre volte ancora compensatoria; la sessualità rappresenta senza dubbio il “punto di equilibrio” della coppia.
Quando nasce l’autoerotismo
Come tutti sappiamo l’autoerotismo fa capolinea nella vita degli adolescenti molto precocemente, si manifesta con delle esplorazioni dei genitali.
Quando avviene troppo precocemente, sfocia in quello che noi clinici chiamiamo “protorgasmi”.
Questi non sono dei veri e propri orgasmi, ma una sorta di prova generale per la successiva scoperta del piacere.
Gli adolescenti mossi dalla tempesta ormonale esplorano il loro corpo e il sentiero che li porta al piacere attraverso il “piacere solitario“.
La chiesa e l’educazione cattolica additavano la masturbazione come nefasta per il corpo e per l’anima, al fine di dissuadere i giovani e i meno giovani, al possibile incontro con loro stessi e con la loro fisicità, in quanto il piacere non era il “fine” ma il “mezzo” per la prosecuzione della specie.
Non doveva esistere piacere erotico senza coppia, per di più coniugata e senza la più remota possibilità di concepire.
Nell’immaginario collettivo la masturbazione viene associata all’età dell’adolescenza o a una condizione di solitudine affettiva, ma raramente viene considerata “lecita“, attuabile, consentita e soprattutto, con la possibilità di coesistenza all’interno di una relazione di coppia stabile.
Sostituto di intimità o gioco erotico?
L’autoerotismo è sempre stato associato alla censura e alla colpa, alla cecità e alla caduta dei capelli, oggi, invece, sembra essere stato legittimato anche all’interno di una relazione di coppia.
Le coppie sessualmente empatiche accettano l’autoerotismo del partner e non si sentono minacciate da questa solitudine del piacere.
Il momento di gloria della masturbazione non finisce qui.
La masturbazione, infatti, è stata fortemente rivalutata soprattutto da noi sessuologi clinici, a fini diagnostici che terapeutici.
Nell’immaginario collettivo, la masturbazione viene associata all’età dell’adolescenza o a una condizione di solitudine, raramente viene considerata lecita e con possibilità di coesistenza all’interno di una relazione di coppia stabile.
L’autoerotismo è un momento intimo di incontro con la propria corporeità e sensorialità, e con l’immaginario erotico del legittimo proprietario.
Nei casi di coppie scarsamente empatiche, le fantasie erotiche, durante nell’incontro con l’altro, vengono censurate perché considerate intrusive o sostitutive.
Il piacere smarrito
Alcuni partner non riescono a raggiungere l’orgasmo in coppia a causa di censure psichiche, di conflittualità di coppia o di un iper controllo cosciente sulla sessualità. Per noi clinici la masturbazione è un valido strumento diagnostico e terapeutico, spesso, infatti, in sede di terapia sessuologia viene prescritto per valutare le cause di un possibile calo del desiderio sessuale, per poter ritrovare l’accesso al piacere smarrito o mai raggiunto all’interno della coppia.
Molte donne riescono a raggiungere l’orgasmo solo mediante la masturbazione e in seguito, con l’ausilio di una terapia sessuologia adeguata, riescono a traslare quest’esperienza solitaria al piacere condiviso.
Lo stesso modus operandi avviene nei casi di eiaculazione ritardata o anorgasmia.
Il piacere solitario viene spesso vissuto dal partner come un sostituto del piacere condiviso, nonché considerato come un chiaro attacco alla sfera dell’autostima e del narcisismo.
Insomma, un rivale tra le lenzuola.
Il partner entra in crisi e interpreta tale gesto come un sostituto consolatorio di una vita sessuale non appagante; sviluppa così una sorta di delirio di gelosia.
Gelosia delle fantasie erotiche del suo partner, luogo segreto e peccaminoso, al quale lui non ha accesso.
Come trasformare l’autoerotismo da minaccia al rapporto di coppia a elemento di condivisione
L’autoerotismo può diventare un vero supporto a una sessualità sopita, nonché un elemento di complicità orizzontale tra i coniugi.
Avere il coraggio e la voglia di trasformare il piacere solitario in un elemento di condivisione richiede una buona capacità di dialogo, una comunicazione improntata a complicità scevra da elementi di critica nei confronti dell’altro e pregiudizi, e l’aiuto di un clinico che sappia veicolare questo passaggio.
Può rappresentare un “veder fare”, un percorso di apprendimento di un orgasmo difficile e fungere da elemento vivificatore per un talamo un po’ sopito.
Come reagisce il partner alla scoperta dell’autoerotismo?
Le reazioni sono tra le più svariate: dalla negazione alla rabbia, dall’evitamento dello spinoso argomento al delirio di gelosia, dall’imbarazzo al tentativo vano di comprensione e così via.
Il piacere solitario viene interpretato e vissuto dal partner come un “surrogato” del piacere condiviso e viene subito come un attacco alla sfera dell’autostima e del narcisismo, considerando tale gesto come un “sostituto consolatorio” di una vita sessuale non appagante.
- Si può trasformare l’autoerotismo da minaccia al rapporto di coppia a un elemento di condivisione?
- Da imbarazzo a supporto per una sessualità un po’ ingridita?
- Da elemento di fuga dal rapporto a elemento di complicità orizzontale?
Certamente sì.
Una coppia empatica e adulta è in grado di affrontare anche scomode e imbarazzanti argomentazioni, come quelle relative alla sessualità. La sessualità, anzi l’empatia sessuale, necessita di una “costante manutenzione” del rapporto di coppia, dentro e soprattutto fuori la camera da letto, un dialogo autentico, non colpevolizzante e la capacità di ridere e di sperimentare.
La vita intima è come un giardino segreto: va accudito, concimato e soprattutto innaffiato con dedizione, costanza e amore.
I pregiudizi, i toni colpevolizzanti e inquisitori che spingono il partner a chiudersi in sé stesso, dovrebbero lasciare il posto a nuovi elementi vivificatori, come l’alleanza e l’empatia di coppia.
Questo cambiamento potrà trasformare il piacere solitario in un elemento di vera condivisione.
Solitamente autoerotismo dopo autoerotismo e intimità dopo intimità, la coppia tende a trovare nuovi equilibri tra “autonomia e condivisione”, senza minacciare la complicità di coppia.
L’autoerotismo, nei casi di anorgasmia coitale nelle donne, può rappresentare una strategia importante per aiutare le donne a riconoscere prima e trovare dopo, il percorso, spesso faticoso, verso il piacere relazionale.
Il “veder fare” per il partner può rappresentare un percorso di apprendimento per un orgasmo ritardatario o difficile e, perché no, vivificare la complicità e la dimensione ludica della coppia.
Autoerotismo al femminile
La masturbazione femminile rappresenta un vero tabù, le donne hanno pudore e vivono questa pratica con riservatezza e frequente imbarazzo.
L’autoerotismo coniugato con il genere femminile viene ancora di più mistificato e celato, perchè correla con il “sesso silente” e con l’atavica e dura a morire, convinzione che la donna non debba avere desiderio sessuale se non da innamorata e da coniugata.
L’autoerotismo al femminile viene letto e percepito come un triste destino per donne sole e come un chiaro surrogato dell’intimità.
Il maschile e il femminile a confronto sotto le lenzuola, come sappiamo, vanno in contro a importanti differenze, estendibili anche alla pratica auto erotica.
Il ragazzino che diventa adulto, pratica la masturbazione senza alcuna difficolta, come tappa di crescita psico/sessuale, vissuta come indispensabile perché mosso da furore testosteronico e da una fisicità esigente.
Spesso lo condivide simpaticamente all’interno del gruppo dei pari, tra performances, vanto ed affermazione di sé.
Per l’universo femminile l’accesso al mondo del piacere avviene quasi sempre “per e con l’altro”; praticare l’autoerotismo, non solo viene effettuato con estrema segretezza, ma con la chiara convinzione, frutto di antichi retaggi culturali, che rappresenta un’inevitabile consolazione all’assenza del partner.
Noi psico-sessuologi sappiamo bene che l’educazione rigida e sessuofobica, improntata a divieti e censure, l’assenza dell’autoerotismo e di conoscenza della propria fisicità, rappresenta il primo step per l’organizzazione di possibili future disfunzioni sessuali, come anorgasmia e vaginismo.
Le donne che hanno imbarazzo e scarsa familiarità con il loro corpo e con la loro genitalità, saranno inoltre, donne che non si proteggeranno adeguatamente e che eviteranno gli indispensabili e routinari controlli ginecologici.
Nell’immaginario collettivo, la presenza dell’autoerotismo correla con una scadente vita di coppia?
Solitamente sì.
Secondo il pensiero femminile, “il provare piacere e basta” non è sufficiente.
Spesso l’autoerotismo non solo non viene contemplato come passaggio indispensabile per crescere con consapevolezza psico-corporea, ma viene bandito dalle fantasie e vissuto come “sostituto” di un legame d’amore-emozionale-sessuale.
Secondo la cultura dominante, la donna non può accedere al piacere da sola, nonostante la rivoluzione sessuale degli anni settanta, ma deve essere “altro” da sé ad effettuare l’iniziazione al piacere dei sensi.
L’educazione sessuale rappresenta sempre e comunque la sola strada percorribile, che porta a un’ “alfabetizzazione emozionale e sessuale”; processo formativo, informativo ed educativo, che dovrebbe avvenire in maniera precoce in famiglia o a scuola, per adolescenti di oggi e adulti di domani sani, consapevoli e scevri da condizionamenti morali e sessuofobici.